Vescovi ciliani chiedono verità sui desaparecidos
A cinquant’anni dal colpo di stato di Pinochet, la Chiesa cilena ha fatto un appello a tutta la popolazione affinché divulghi informazioni sulle persone scomparse durante la dittatura. Durante il tradizionale Te Deum delle Fiestas Patrias, il presidente della Conferenza episcopale cilena, Celestino Aós, ha dichiarato: “Ci sono nostri fratelli e sorelle che soffrono perché non conoscono la verità sui loro famigliari arrestati e scomparsi”.
Aós ha invitato chiunque abbia informazioni utili a comunicarle, anche in forma anonima, alla Chiesa, che le trasmetterà alle autorità competenti. L’arcivescovo ha sottolineato che anche voltarsi dall’altra parte può essere un peccato e ha pregato affinché coloro che hanno informazioni le rivelino. Ha anche dichiarato: “Fratelli che sapete qualcosa, ci rivolgiamo a voi per il bene dei famigliari che soffrono ma anche per il vostro stesso bene”.
Il governo cileno ha accolto con favore questa iniziativa della Chiesa. La portavoce dell’esecutivo, Camila Vallejo, ha definito questa collaborazione “molto significativa”. Il presidente Boric ha ricordato che nel paese ci sono ancora più di 1.100 persone scomparse e ha sottolineato l’importanza della giustizia, della verità e della memoria. Ha affermato: “Credo che l’arcivescovo abbia lanciato un invito molto potente in questo senso”.
L’appello di Aós giunge pochi giorni prima del cinquantesimo anniversario del colpo di stato dell’11 settembre 1973. Questa ricorrenza ha evidenziato ancora una volta la difficoltà di raggiungere una memoria condivisa sul colpo di stato militare, in un paese segnato da una forte polarizzazione politica. Il progressista Boric, primo presidente cileno nato dopo il colpo di stato, ha lanciato un Piano di ricerca per arrivare alla verità sulle numerose persone “desaparecidos” durante la dittatura militare.
