Il piano del Ministero dell’Interno e della Difesa sui Centri di Permanenza per il Rimpatrio non soddisfa le Regioni: criticità emerse da Bonaccini a Zaia

Ieri si è tenuta la prima riunione interministeriale per la realizzazione di dodici nuovi centri di espulsione e rimpatrio. Tuttavia, delle attuali 619 posti disponibili, non tutti sono occupati. Ci sono perplessità riguardo al metodo e al merito di questa decisione. Alcuni criticano il centralismo del governo, sostenendo che questa sia una decisione imposta dall’alto, mentre altri non credono che i centri di espulsione e rimpatrio siano una risposta adeguata alla situazione attuale. Il presidente dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, ha dichiarato che il governo ha fallito su questo tema. Anche il leghista Luca Zaia ha espresso perplessità, dicendo che non sapeva nulla dei nuovi centri e paragonando l’idea di svuotare il mare con un secchiello.

Il ministro dell’interno, Matteo Piantedosi, aveva annunciato che la norma contenuta nel decreto sarebbe stata accompagnata da un piano. L’obiettivo è quello di realizzare nuovi centri in 12 regioni e aumentare i posti disponibili per i migranti destinati al rimpatrio. Durante la riunione di ieri, si sono cercati di individuare i criteri per l’individuazione delle nuove strutture. Si costruiranno nuovi centri, ma si cercheranno anche edifici già esistenti da destinare a questa funzione. Tuttavia, è difficile che ciò avvenga entro breve tempo, quindi prima dell’inverno. Secondo la premier Giorgia Meloni, le aree selezionate dovranno essere lontane dai centri abitati e facilmente sorvegliabili. Ci sono ancora molte incognite, come quelle economiche e diplomatiche. Sarà necessario stringere accordi con i paesi d’origine, che potrebbe essere l’aspetto più difficile. Inoltre, dei nove centri attualmente operativi, ci sono dei posti vacanti, il che dimostra la difficoltà di questa operazione di rimpatrio.

Inoltre, ci sono dubbi sollevati dai territori, dai presidenti delle regioni e dai sindaci, che temono che l’onere della prima accoglienza cada sui comuni, invece che sul governo. Il governatore toscano Eugenio Giani ha dichiarato che non darà il suo consenso per la costruzione di un nuovo centro permanente di detenzione in Toscana, sostenendo che il problema dell’immigrazione riguarda l’accoglienza e non l’espulsione. Anche il presidente dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, ha criticato il governo per centralizzare le decisioni senza coinvolgere gli enti locali. Anche il presidente del Veneto, Luca Zaia, ha espresso scetticismo, dicendo di non essere stato contattato per un nuovo centro e paragonando l’idea di rimpatrio a svuotare il mare con un secchiello.

Ci sono anche le dichiarazioni del presidente della provincia di Bolzano, Arno Kompatscher, che si è dichiarato disponibile a un nuovo centro solo se servisse per le esigenze locali. Al momento, solo Massimiliano Fedriga è convinto della strada intrapresa dal governo, sostenendo che i centri di espulsione e rimpatrio funzionano bene e garantiscono la sicurezza dei cittadini. Tuttavia, non tutti i migranti destinati al rimpatrio sono delinquenti.

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