Addio a Giorgio Napolitano, il presidente europeista

È scomparso a 98 anni Giorgio Napolitano, il presidente emerito della Repubblica. Napolitano ha lasciato un segno significativo nella storia politica italiana, non solo durante il suo mandato come capo dello Stato. La sua carriera politica è stata caratterizzata da una militanza nel Partito Comunista Italiano (PCI) e dalla sua evoluzione nel contesto del declino e dello scioglimento dell’Unione Sovietica.

Nella Napoli del dopoguerra, Napolitano aderì al PCI senza remore, concentrando la sua attenzione sui problemi sociali e sulla resistenza al regime monarchico, piuttosto che sulle questioni internazionali. Nonostante le tensioni tra le diverse correnti del PCI, Napolitano mantenne una fedeltà ferrea all’Unione Sovietica.

Durante il suo periodo come segretario della federazione di Napoli del PCI, Napolitano entrò in contatto con importanti personalità del partito, come Emilio Sereni e Giorgio Amendola, che cercavano di stabilire rapporti con il Partito Socialista Italiano (PSI), pur mantenendo una lealtà verso l’URSS.

Nonostante sembrasse destinato a diventare il vice-segretario del PCI, Napolitano fu sorpassato da Enrico Berlinguer, che era più in sintonia con i movimenti studenteschi e operai dell’epoca. Durante questo periodo, si avvertirono tensioni all’interno del PCI tra l’ala “amendoliana” e quella “ingraiana”, che aveva preso le distanze dall’URSS. Napolitano condannò apertamente il gruppo del Manifesto, che criticava l’URSS da posizioni di sinistra.

Il distacco di Napolitano dall’URSS si verificò solo con l’intervento sovietico in Afghanistan, mentre Amendola pensava che i combattenti afghani stessero lottando contro la secolarizzazione, non contro il socialismo.

L’europeismo divenne uno dei temi centrali dell’azione di Napolitano, poiché vedeva nella convergenza con i partiti socialisti europei un’alternativa all’eurocomunismo sostenuto da Berlinguer. Tuttavia, le tensioni tra Berlinguer e Bettino Craxi e lo scandalo di Tangentopoli resero difficile l’attuazione di questa prospettiva.

Nel 2011, Napolitano fece una scelta controversa nominando Mario Monti presidente del Consiglio dei ministri, dopo le dimissioni di Silvio Berlusconi. Questa scelta fu criticata per aver accettato un “commissariamento” dell’Italia da parte dei partner europei.

Durante il suo mandato come presidente della Repubblica, Napolitano affrontò varie crisi politiche e svolse un ruolo chiave nell’elezione di Sergio Mattarella come suo successore.

Napolitano fu un uomo delle istituzioni, che portò la sua esperienza e serietà politica nelle aule parlamentari e nel Quirinale. La sua lezione di serietà, competenza e rifiuto della personalizzazione è particolarmente rilevante oggi, quando queste virtù sembrano scarseggiare nelle classi dirigenti. La sua eredità sarà valutata dalla storia, ma è importante ricordare il suo impegno nel leggere la realtà nazionale nelle coordinate internazionali e il suo appello a non dimenticare il passato per affrontare il presente e il futuro.

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