Carlo Nordio contro l’uso improprio dello “scudo penale”: chiarimenti del Ministro della Giustizia
Il Ministro della Giustizia Carlo Nordio chiarisce il concetto di “scudo penale”, sottolineando l’importanza dell’uguaglianza davanti alla legge e proponendo riforme per il registro degli indagati.
Il dibattito attorno allo “scudo penale” è tornato alla ribalta dopo le recenti dichiarazioni del Ministro della Giustizia, Carlo Nordio. Durante un’interrogazione al Senato, Nordio ha chiarito che il termine “scudo penale” è fuorviante e non rispecchia la realtà della legislazione. Le sue parole, pronunciate in risposta a domande circa le tutele per le forze dell’ordine, hanno messo in luce la complessità della materia e la necessità di garantire equità tra i cittadini e i rappresentanti delle istituzioni.
La posizione del Ministro sulla tutela delle forze dell’ordine
Nel suo intervento, Nordio ha sottolineato l’importanza che “la legge è uguale per tutti”. Questo principio, fondamentale per una giustizia democratica, implica che anche i membri delle forze dell’ordine, come poliziotti e carabinieri, non sono al di sopra della legge. Qualora un agente commetta un crimine, la legge prevede un aggravante specifico nel codice penale, quello di commettere un reato come pubblico ufficiale. Questa affermazione evidenzia il fatto che non esiste un trattamento di favore per coloro che operano nell’ambito delle forze di polizia.
Nonostante la ferma posizione di Nordio, il Ministro ha riconosciuto una certa “distonia” nell’attuale sistema giuridico, un punto che ha sollevato attenzione. Egli ha ripetutamente denunciato questa problematica nei suoi scritti, discutendo della necessità di rivedere il funzionamento del registro degli indagati. Secondo la visione di Nordio, questo strumento, originariamente concepito come una garanzia per i cittadini coinvolti in procedimenti legali, si è trasformato nel tempo in una forma di condanna pubblica, alimentando una gogna mediatica.
Critiche al registro degli indagati
Il Ministro ha evidenziato come l’istituzione del registro degli indagati non soddisfi più la sua funzione primaria di proteggere i diritti del cittadino. “Da 25 anni, questo strumento ha fallito”, ha affermato Nordio, evidenziando che il suo utilizzo ha portato spesso a compromissioni delle cariche pubbliche, addirittura interferendo con le cariche elettive per cui i soggetti potrebbero concorrere.
In situazioni in cui un carabiniere è coinvolto in uno scontro a fuoco, la procedura prevede che venga automaticamente iscritto nel registro degli indagati. Qui, Nordio ha voluto chiarire che tale iscrizione non è un segno di colpevolezza ma un diritto per l’agente di ricevere assistenza legale. Per esempio, in caso di autopsia o perizia balistica, è cruciale che l’agente abbia accesso a un consulente legale.
Proposte per un nuovo provvedimento
Nordio ha rivelato che è in fase di studio un provvedimento per affrontare questo problema, pur precisando che non si stia considerando l’adozione di uno “scudo penale”. L’obiettivo è quello di trovare un equilibrio tra la garanzia per chi lavora nelle forze dell’ordine e la protezione contro gli effetti dannosi di un’errata iscrizione nel registro degli indagati. Questo approccio, secondo il Ministro, può evitare l’etichettamento prematuro e ingiustificato degli agenti.
Il Ministro ha rivelato che questa idea è una sua concezione risalente a trent’anni fa e si è impegnato affinché venga realizzata. Il percorso per giungere a una soluzione funzionale non appare semplice e la questione necessiterà di approfondite discussioni tecniche prima di essere implementata. La tensione tra le tutele legali e la reputazione personale degli agenti di polizia rimane tema centrale nell’attuale dibattito sul sistema giuridico italiano e sull’equità nella giustizia penale.