La nuova legge regionale del Lazio promuove l’enoturismo e l’oleoturismo
Questa mattina, nella sala del Tempio di Vibia Sabina e Adriano della Camera di Commercio di Roma, è stata presentata la nuova legge regionale n° 14 del 27 ottobre 2023 sulla “Disciplina delle attività enoturistiche e oleoturistiche”, approvata in Consiglio regionale lo scorso 18 ottobre.
La legge stabilisce una serie di requisiti tecnici per regolamentare e promuovere le attività legate all’enoturismo e all’oleoturismo nel Lazio. Gli obiettivi principali sono: la promozione delle produzioni vinicole e di olio d’oliva regionali, la formazione e la riqualificazione degli operatori del settore, la creazione di percorsi enoturistici e oleoturistici.
L’esigenza nasce dalla consapevolezza che una normativa regionale chiara ed efficace sia indispensabile per favorire lo sviluppo di un comparto, come quello del turismo del vino e dell’olio, che, oltre a rappresentare dei prodotti d’eccellenza del Lazio, può, se validamente supportato, contribuire alla crescita economica e occupazionale.
Vengono disciplinati dalla legge regionale, oltre a diversi requisiti squisitamente tecnici (inizio attività, modalità d’esercizio, vigilanza e controllo, sanzioni), anche una serie di misure volte sia a una effettiva promozione e implementazione delle attività legate all’enoturismo e l’oleoturismo sia alla promozione delle attività, tramite la creazione di percorsi enoturistici e oleoturistici.
La legge sull’eno-oleoturismo regola, in linea con le direttive nazionali vigenti, ambiti come quelli enoturistici e oleoturistici, promuovendo la crescita economica e occupazionale.
In questo senso, mettere a sistema aziende, cooperative, consorzi, cantine e frantoi, implementando un circuito turistico, da un lato favorirebbe l’arrivo di nuovi visitatori con le conseguenti positive ricadute per le economie locali, dall’altro costituirebbe un formidabile strumento di promozione per il territorio. Il tutto in un contesto che pone la salvaguardia ambientale e la valorizzazione delle biodiversità al centro di un rinnovato modello di sviluppo.
La legge fissa alti standard per la qualità dell’offerta, istituendo un Elenco regionale degli operatori eno e oleoturistici, per formare le giuste professionalità, semplificare la burocrazia per imprese e operatori, promuovere al meglio prodotti e territorio.
Fare agricoltura oggi significa essere un’avanguardia in termini di innovazione, tecnologia e imprenditorialità, senza mai dovere abbandonare l’anima tradizionale di un comparto che è storia e cultura di intere comunità. Non a caso la legge contempla un Tavolo regionale per la diversificazione.
IL VINO NELLA REGIONE LAZIO
Le aziende viticole laziali sono 19mila, con una produzione media annua di un milione di quintali di uva. (In Italia, complessivamente, le aziende viticole sono 255.000 e producono 70 Mln di quintali di uva)
Le cantine sono 450, con una produzione media annua di 800mila litri di vino (75% bianchi e 25% rossi), di cui il 70% rivendicato a DO/IG regionale. Il Lazio ha il 3% delle vigne italiane
Oltre 18mila ettari di terreno sono coltivati a vigne (il 3% delle vigne italiane): il 71% in collina, il 20% in pianura e il 9% in montagna. Per fare un paragone, nel Veneto sono 95mila ettari, in Sicilia 120mila, in Toscana 60mila, mentre il totale in Italia è di 636mila ettari.
Il fatturato della produzione di uve è di circa 230 milioni di euro, pari a una incidenza del 6,6% sul comparto Agricoltura regionale e al 3% sul comparto vitivinicolo nazionale, con un ricavo medio per vigneto di 4.350 euro a ettaro.
Nel Lazio vengono prodotte oltre 32 milioni di barbatelle (talee di vite che vengono lavorate per stimolare la crescita delle radici [barba], da qui il nome, di cui il 49% in provincia di Roma, il 25 % in provincia di Latina, il 17% a Viterbo, il 3% nel Frusinate e il 3% nel Reatino.
L’export del vino “made in Lazio” segna +20,4% rispetto al 2020, per un valore economico di poco meno 83 milioni di euro (fonte Istat-Qualivita).
Allo stato attuale sono presenti 3 DOCG, 27 DOC e 6 IGT (36 in tutto), per un valore economico di oltre 64 milioni di euro (fonte Ismea-Qualivita), di cui il 70% derivante da DOCG e DOC e il restante dall’IGT.
Il 14% del vigneto regionale è in biologico (+45 rispetto al 2014), a fronte di una media nazionale del 17,8% (max Calabria 39% – min Liguria e Valle d’Aosta 4%).
Nel Lazio ci sono 84 vitigni: 44 a bacca bianca, 37 a bacca nera, 2 a bacca rosa e 1 a bacca grigia.
I vitigni autoctoni sono 37, tra cui 8 sono quelli maggiormente coltivati, per un totale di circa 2300 ettari: Malvasia del Lazio, Bellone, Cesanese di Affile, Cesanese comune, Trebbiano giallo, Grechetto bianco, Grechetto rosso e Trebbiano verde.
L’OLIO NELLA REGIONE LAZIO
Nel Lazio la diffusione capillare dell’olivo fa sì che la sua presenza caratterizzi larga parte del paesaggio agrario, oltre a rappresentare una voce importante dell’economia agricola regionale. Il suo apporto alla produzione nazionale di olio di oliva colloca il Lazio tra le 5 principali regioni italiane.
Il comparto olivicolo nella Regione Lazio conta oltre ottantamila ettari di impianti produttivi.
In questi ultimi anni, gli oliveti hanno subito solo una minima riduzione (-7,3%); ma la produzione raccolta si è ridotta di oltre il 23% con un calo della produttività del 16,6%.
Verosimilmente, la tendenza riscontrata è dovuta al progressivo diffondersi del fenomeno dell’abbandono totale o parziale della coltivazione. Molti olivicoltori tendono a ridurre al minimo le pratiche colturali e limitare il raccolto al quantitativo necessario per soddisfare il fabbisogno familiare.
Stentano a emergere a livello regionale le aziende professionali specializzate e orientate al mercato, pur in presenza di condizioni favorevoli allo sviluppo del settore, sia per quanto riguarda il segmento delle olive da olio che per quelle da tavola.
Il tratto distintivo della produzione regionale non consiste tanto nelle quantità, spesso altalenanti tra un’annata e l’altra, quanto nella caratterizzazione dei diversi areali di coltivazione. In particolare, nei differenti ambiti provinciali la presenza di una o più coltivazioni dominanti, associata alle variabili di natura pedoclimatica, finiscono per determinare le qualità organolettiche dei relativi oli extravergine.
Quattro sono le DOP fino a oggi riconosciute sul territorio laziale: Sabina, Canino, Tuscia, Colline Pontine.
Otto oli extravergine monovarietali sono stati censiti tra le produzioni agroalimentari tradizionali della regione: Carboncella, Ciera, Itrana, Marina, Olivastrone, Rosciola, Salviana e Sirole.
Merita di essere ricordata inoltre l’Oliva di Gaeta DOP, riconosciuta a livello comunitario nel 2016, che si ottiene dalla trasformazione e conservazione di olive mature in salamoia al naturale, cioè senza l’aggiunta di conservanti, ovvero di altri prodotti di sintesi.
Ampia diffusione ha avuto infine, nel corso degli ultimi anni, l’applicazione di tecniche di produzione biologica al comparto olivicolo regionale, anche se risulta ancora marginale la qualificazione del prodotto attraverso la certificazione.
I FRANTOI
Per quanto concerne i frantoi oleari nel Lazio risultano operativi, sulla base dei dati del Sistema informativo agricolo nazionale (Sian) e delle relative registrazioni effettuate sullo stesso portale, 320 frantoi, a fronte dei 606 che risultano ancora iscritti nella piattaforma informatica.
I contributi per i frantoi
Il 26 ottobre scorso la Giunta regionale ha approvato la delibera con la quale, nell’ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), viene attivata la misura dell’ammodernamento dei frantoi oleari. L’importo complessivo messo a disposizione è pari a quasi 6 milioni di euro.
Sono concessi contributi a fondo perduto per favorire la sostituzione o l’ammodernamento dei frantoi esistenti, anche attraverso l’introduzione di macchinari e tecnologie che migliorino le performance ambientali dell’attività di estrazione dell’olio extravergine di oliva.
Il relativo bando è stato pubblicato il 31 ottobre ed è finalizzato a garantire il sostegno alle imprese del settore della produzione dell’olio, con gli obiettivi di ammodernare gli impianti di lavorazione, stoccare e confezionare l’olio extravergine di oliva (migliorando la sostenibilità del processo produttivo e riducendo la generazione di rifiuti per favorirne il riutilizzo a fini energetici).
Affinché possano essere ammessi a finanziamento, gli investimenti dovranno essere coerenti con alcune delle condizioni stabilite per l’impiego dei fondi del Pnrr, in particolare con il principio di non arrecare un danno significativo all’ambiente.
La misura prevede un contributo pubblico a fondo perduto pari al 55% del costo totale dell’investimento, elevabile al 70% nel caso di giovani agricoltori. I soggetti che possono presentare domanda di aiuto entro il 15 gennaio 2024 e beneficiare del sostegno previsto dalla sottomisura sono imprese attive nella trasformazione di prodotti agricoli, in particolare le imprese agricole e agroindustriali, incluse le loro associazioni e cooperative.
Altresì il bando è destinato ai titolari di frantoi oleari che effettuino l’estrazione di olio extravergine di oliva, iscritti nel Portale dell’olio di oliva del Sian, secondo le disposizioni ministeriali, che abbiano compilato il registro telematico di carico/scarico olio e siano in possesso delle autorizzazioni ambientali.