Mario Montaldo, maestro del Neorealismo e l’indagine sul potere
Giuliano Montaldo, regista, sceneggiatore e attore italiano, è scomparso oggi all’età di 93 anni. Montaldo è stato uno degli ultimi grandi registi formatisi nel dopoguerra alla scuola del Neorealismo italiano. La sua carriera è stata caratterizzata da un forte impegno civile, in particolare con la sua celebre trilogia composta da “Gott mit uns” (1970), “Sacco e Vanzetti” (1971) e “Giordano Bruno” (1973), in cui ha esaminato il potere militare, giudiziario e religioso.
Nato a Genova il 22 febbraio 1930, Montaldo si unì alla resistenza partigiana durante l’adolescenza. Dopo alcune esperienze come attore teatrale, debuttò nel cinema nei film di Carlo Lizzani “Achtung! Banditi!” (1951) e “Cronache di poveri amanti” (1954). Successivamente, Montaldo lavorò come assistente alla regia per registi come Elio Petri, Carlo Lizzani e Gillo Pontecorvo, prima di dedicarsi alla regia dei suoi film.
Con il suo film “Tiro al piccione” (1961), Montaldo affrontò la fine della Seconda guerra mondiale attraverso gli occhi di un soldato della Repubblica di Salò. Nel 1965, il regista realizzò “Una bella grinta”, un film che esplorava i complessi problemi della società italiana dell’epoca attraverso la storia di un uomo che cercava di sfruttare cinicamente il boom economico, ma veniva invece distrutto. Il film vinse il Premio Speciale della Giuria al Festival di Berlino.
Dopo queste prime prove impegnate, Montaldo diresse diversi film su commissione, ottenendo ottime interpretazioni da attori di prestigio. Tuttavia, è con la sua trilogia di film che indagano sul potere militare, giudiziario e religioso che Montaldo raggiunse il massimo della riconoscibilità. In “Gott mit uns” (1970) il regista esplorò il potere militare attraverso il processo per diserzione e la fucilazione di due soldati della Wehrmacht. Il film fu interpretato da Franco Nero. In “Sacco e Vanzetti” (1971), Montaldo affrontò il tema del potere giudiziario raccontando il processo e l’ingiusta condanna di due anarchici italiani negli Stati Uniti, interpretati da Gian Maria Volonté e Riccardo Cucciolla. Il film vinse la Palma d’oro al Festival di Cannes e contò sulla colonna sonora di Ennio Morricone e la canzone “Here’s to You” interpretata da Joan Baez. Infine, in “Giordano Bruno” (1973), Montaldo esaminò il potere religioso attraverso la storia del filosofo Giordano Bruno, interpretato da Gian Maria Volontè.
Montaldo si distinse anche come regista di opere liriche, dirigendo artisti come Luciano Pavarotti e Placido Domingo. Inoltre, traspose in immagini significative opere della narrativa italiana del dopoguerra, tra cui “L’Agnese va a morire” (1976), “Gli occhiali d’oro” (1987) e “Tempo di uccidere” (1989).
Nel 1982, Montaldo realizzò il kolossal televisivo “Marco Polo”, trasmesso in otto puntate dalla Rai e interpretato da Kenneth Marshall. La serie riscosse un enorme successo internazionale, venduta in 76 paesi e vincitrice di un premio Emmy come miglior serie televisiva presentata negli Stati Uniti.
Negli anni successivi, Montaldo continuò a dirigere film documentari, televisivi e cinematografici, ricevendo numerosi riconoscimenti e premi durante la sua carriera. Nel 1999, diventò presidente di Rai Cinema e nel 2002 fu nominato Cavaliere di Gran Croce dal presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.
La sua morte rappresenta una grande perdita per il cinema italiano. Montaldo ha lasciato un’eredità significativa nel panorama cinematografico, con la sua dedizione all’impegno civile e la sua abilità nel ritrarre il potere e la storia attraverso il suo lavoro. Sarà ricordato come uno dei grandi maestri del cinema italiano e il suo contributo all’industria cinematografica continuerà a influenzare le generazioni future.
(di Paolo Martini)