Messina Denaro: l’autunno del boss di mafia dietro le sbarre
Il boss mafioso Matteo Messina Denaro, dopo essere stato arrestato, è stato immediatamente trasferito nel supercarcere dell’Aquila. La Procura di Palermo ha richiesto e ottenuto per lui il regime carcerario del 41 bis. Il 16 gennaio, dopo trent’anni di latitanza, è stato catturato durante un blitz dei carabinieri del Ros mentre si sottoponeva a una chemioterapia sotto falsa identità in una clinica di Palermo. Da allora sono passati quasi nove mesi. Oggi, con la sua morte, si chiude il capitolo sulla storia dell’ultimo stragista di Cosa Nostra, che da settimane versava in condizioni gravissime ed era in coma irreversibile.
Durante la sua detenzione, come molti altri boss prima di lui, Messina Denaro ha avuto un comportamento esemplare. Ha letto molto, guardato poco la televisione e ha seguito le terapie nella sua cella o nell’infermeria adiacente. Inizialmente, queste terapie facevano parte del suo allenamento. Ha ricevuto lettere e visite dalla sua figlia naturale, Lorenza, che è stata riconosciuta solo pochi giorni prima della sua morte.
Quando è diventato evidente che Messina Denaro aveva poco tempo rimasto, gli sono stati concessi incontri con i suoi familiari più stretti. A causa del peggioramento delle sue condizioni di salute e di due interventi chirurgici, la chemioterapia è stata interrotta e si è optato per una terapia del dolore. Non è più tornato in cella. Negli ultimi giorni, con il suo consenso, il boss è stato sedato e, rispettando le sue volontà espresse nel testamento biologico, gli sono state staccate le macchine che lo tenevano in vita, alla presenza del suo avvocato, che era stato nominato tutore legale.
Durante la sua detenzione, Messina Denaro ha incontrato i magistrati tre volte, rispondendo alle domande del procuratore Maurizio de Lucia, dell’aggiunto Paolo Guido e dei pm Gianluca de Leo e Piero Padova, così come del gip Alfredo Montalto. Fin dall’inizio ha chiarito che non si pentiva, ammettendo solo ciò che non poteva negare, come il possesso della pistola trovata nel suo nascondiglio, ma negando tutto il resto: l’appartenenza a Cosa Nostra, gli omicidi, in particolare quello del figlio del pentito Di Matteo, le stragi e il traffico di droga. Ha spiegato che stava bene con la sua famiglia e ha ribadito che non avrebbe parlato dei suoi beni, che sono ancora tutti da scoprire. Ha ironizzato con i pm dicendo che se non si fosse ammalato, non sarebbe stato catturato, sottolineando che è stato il cancro a indebolirlo e a metterlo sulle sue tracce.