Nuovi scoperte sul disturbo dello spettro autistico: i legami tra genetica e immunità materna

Nuove ricerche sul disturbo dello spettro autistico evidenziano l’importanza dell’interazione tra fattori genetici e attivazione del sistema immunitario materno, aprendo a potenziali interventi terapeutici.

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Il disturbo dello spettro autistico sta diventando oggetto di studi sempre più approfonditi, grazie a recenti ricerche che gettano luce sulle sue possibili cause. Questa condizione, che colpisce circa 1 bambino su 100 a livello globale, si manifesta con difficoltà nelle relazioni sociali, nell’uso del linguaggio e comportamenti ripetitivi. Con il supporto di un nuovo studio pubblicato su Molecular Psychiatry, i ricercatori, guidati da Claudia Bagni dell’Università di Roma Tor Vergata, pongono l’accento sull’interazione tra fattori genetici e l’attivazione del sistema immunitario durante la gravidanza, offrendo spunti per futuri interventi terapeutici.

Comprendere l’autismo e le sue complesse manifestazioni

Il disturbo dello spettro autistico non è un’entità monolitica, ma è caratterizzato da una vasta gamma di sintomi e comportamenti che possono variare notevolmente da individuo a individuo. Quest’eterogeneità rende difficile definire un’unica causa alla base di questa condizione. Gli esperti ritengono che i fattori genetici giochino un ruolo cruciale, ma l’ambiente in cui il feto si sviluppa è altrettanto importante. Le ricerche suggeriscono che un’adeguata comprensione delle interazioni tra geni e ambiente potrebbe fare la differenza nella diagnosi e nel trattamento.

Particolarmente interessante è il ruolo dell’attivazione del sistema immunitario materno durante la gravidanza, un fenomeno noto come Maternal Immune Activation . Questa condizione si verifica quando le infezioni contratte dalla madre durante la gestazione possono influire sullo sviluppo neurologico del bambino. Studi precedenti avevano collegato la Mia a un aumento del rischio di sviluppare disturbi del neurosviluppo, ma i meccanismi attraverso cui avviene questo processo non sono stati completamente chiariti. L’approfondimento delle interazioni biochimiche in gioco promette di svelare ulteriori dettagli sullo sviluppo dell’Asd.

Nuovi meccanismi che collegano geni e immunità

Uno degli aspetti cruciali della ricerca condotta dal team di Bagni è l’analisi del ruolo della proteina Fragile X Messenger Ribonucleoprotein 1 . Questo elemento è direttamente coinvolto nella patologia della sindrome dell’X Fragile, che rappresenta una delle principali cause genetiche di Asd. La ricerca ha investigato come l’assenza di Fmrp interagisca con la Mia, cercando di capire se e come tale interazione possa influire sui comportamenti autistici. Per dare supporto ai loro giardini, i ricercatori hanno collaborato con esperti di comportamento animale, generando un ampio studio sui modelli animali.

Bagni ha spiegato che, secondo i risultati ottenuti, l’attivazione del sistema immunitario materno può alterare lo sviluppo cerebrale del feto. Tale modifica si traduce in comportamenti associati all’autismo, anche se nei modelli animali senza Fmrp, la presenza della Mia non sembra apportare un aggravamento dei sintomi. Questo porta a considerare che esistano meccanismi condivisi tra le mutazioni genetiche e quelli ambientali.

Riflessioni sulle implicazioni pratiche per la ricerca sull’autismo

Le scoperte discusse nel lavoro di Bagni e dei suoi collaboratori potrebbero avere ripercussioni significative sia nel campo della ricerca scientifica che nel trattamento. Ad esempio, le alterazioni nella via molecolare mTor-Fmrp potrebbero aprire la strada a nuove strategie per affrontare i disturbi, consentendo di modulare i rischi associati a fattori ambientali, come le infezioni durante la gravidanza. Una riduzione dei livelli di Fmrp nell’ippocampo della prole risalta come un elemento centrale, poiché questa regione è fondamentale per funzioni cognitive basiche come l’apprendimento e la memoria.

Le prospettive future della ricerca sul disturbo dello spettro autistico si concentrano ora sulla comprensione dei meccanismi neurobiologici in atto e sull’identificazione di potenziali target terapeutici. L’auspicio è che attraverso un approccio sempre più integrato tra genetica e fattori ambientali, sarà possibile sviluppare interventi efficaci per supportare le famiglie e migliorare la qualità della vita delle persone con autismo.

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