Previsioni demografiche: Blangiardo prevede un aumento della natalità nel 2022

Nel primo semestre del 2023, il numero di nati in Italia è sceso ancora di più rispetto al record negativo di 393 mila nati dell’anno scorso dopo la pandemia. Da diversi anni, l’Italia ha più morti che nati. Negli anni ’60, c’erano più di un milione di nati all’anno, ma nel 2008 il numero è sceso a 570 mila e da allora ogni anno nascono sempre meno bambini.

Secondo Gian Carlo Blangiardo, ex presidente dell’Istat e professore emerito di Demografia all’Università di Milano Bicocca, se le condizioni rimangono le stesse, come la produttività e la partecipazione al lavoro, solo l’effetto demografico comporterebbe una perdita di 500 miliardi di euro nel Pil in circa vent’anni. Questo è un problema perché ci saranno sempre più ultra novantenni, passando dagli attuali 840 mila a 2,2 milioni, di cui circa 150 mila ultra centenari. In un paese del genere, è necessario trovare nuove risorse, dato che la spesa sanitaria è particolarmente elevata.

Blangiardo afferma che è difficile pensare a un cambiamento immediato. Ad esempio, la Cina è passata da 30 milioni di nati a meno di 10 milioni, ma non è sicuro che riescano a invertire la tendenza. Ci sono anche implicazioni culturali da considerare. I 240 mila nati nel primo trimestre durante la seconda guerra mondiale e i 90 mila di oggi sono il risultato dei cambiamenti avvenuti sotto vari aspetti. Nonostante sia difficile invertire la tendenza, non dobbiamo perdere la speranza.

È importante considerare in anticipo le dinamiche in atto e sviluppare le correzioni necessarie per gestirle. L’età anagrafica è fondamentale per gli equilibri sociali ed economici. Ci sono fasi della vita in cui ci si forma, si è produttivi e si riposa, e quelle intermedie devono produrre risorse. Se la popolazione anziana aumenta notevolmente, gli equilibri si alterano e si creano problemi. Inoltre, ci sono implicazioni sulla democrazia: più anziani ci sono, più influenzano le scelte politiche. Essere un grande paese dipende anche dal numero della popolazione.

Secondo le previsioni, nel 2070 ci saranno 10,5 milioni di persone in età produttiva in meno rispetto ad oggi. Per questo motivo, è importante gestire il cambiamento in modo che gli effetti siano mitigati. Alcuni suggeriscono di compensare con l’immigrazione, ma se vogliamo procedere in questo modo, avremmo bisogno di 531 mila immigrati netti ogni anno per i prossimi 20 anni. Questo richiede integrazione, non basta farli arrivare, ma bisogna anche fornire lavoro e altro. L’immigrazione può essere una soluzione utile, ma non risolutiva.

Ci sono anche questioni di risorse da considerare. Il passaggio da 800 mila ultra novantenni a oltre 2 milioni in vent’anni è un cambiamento evidente. Ci saranno più anziani che avranno bisogno di aiuto esterno. Tuttavia, potrebbe non esserci abbastanza risorse per il welfare pubblico. Dovremmo immaginare equilibri che valorizzino le competenze e l’esperienza della terza età, dove la forza fisica non è necessaria.

Le cause del calo demografico sono molte, compresa una questione culturale. La maggior parte dei 184 mila nati in meno rispetto al 2008 non è dovuta alla mancanza di desiderio di avere figli, ma al cambiamento nella struttura della società femminile. Ci sono meno donne in età fertile. Oggi ci sono 12 milioni di donne in età feconda, ma tra 30-40 anni saranno solo 8 milioni. Inoltre, i figli comportano costi, impegni e rendono difficile la carriera e il lavoro. Se continuiamo con questi numeri, avremo una struttura estremamente fragile, a meno che ogni donna non faccia almeno 5 figli.

Il passaggio al secondo figlio è fondamentale. Dobbiamo incoraggiare le persone a fare figli prima, a distanziarli meno e a cercare di averne un po’ di più. Attualmente, nella fascia di età tra i 30 e i 34 anni, ci sono cinque figli che vivono ancora con i genitori per ogni figlio che ha una famiglia autonoma. Questa situazione rende difficile l’uscita dal nido per molti motivi. Dobbiamo aiutare i giovani a lasciare il nido e creare le condizioni perché possano prendere la decisione di diventare genitori. Dobbiamo trasmettere il senso del rischio ai giovani e scommettere sul futuro.

L’Italia è sotto il livello di ricambio generazionale dal 1977, quindi da oltre 40 anni. È un problema che sta diventando sempre più rilevante e il governo sta iniziando a prenderne coscienza. È importante fornire aiuto economico e creare opportunità di lavoro per le donne con figli. Dobbiamo tutti comprendere che stiamo affrontando un’emergenza e che esiste una solidarietà. Dobbiamo far crescere la consapevolezza che il capitale umano è nell’interesse collettivo e dobbiamo essere amichevoli nei confronti di coloro che decidono di avere figli.

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