Salvini alleato di un governo irrequieto: il rischio di una deriva identitaria, avverte Follini

Matteo Salvini è un alleato instabile per Giorgia Meloni. Pur promettendo lealtà, non risparmia preoccupazioni e frecciatine. Dice che il governo durerà per i cinque anni di questa legislatura e forse anche per i successivi cinque. Ma nel frattempo semina diverse mine pronte ad esplodere prima delle elezioni europee. L’invito a Marine Le Pen a Pontida ha già scombussolato gli equilibri continentali, causando imbarazzo a Palazzo Chigi.

Finché possono, sia Salvini che Meloni hanno interesse a tenere sotto controllo le loro differenze. Il centrodestra si è sempre vantato di essere più unito del centrosinistra. Inoltre, essendo al governo, possono lenire i dissensi per il bene della maggioranza. Quindi, potrebbe non succedere nulla e l’annuncio di nuove turbolenze potrebbe essere solo un luogo comune.

Ma nella vita dei governi e delle loro maggioranze ci sono sempre due tipi di conflitti: tattici e identitari. Ci sono tensioni basate sugli interessi di partito che si fermano prima di rompere la maggioranza, e ci sono tensioni che portano alla rottura quando i partiti ritengono che sia in gioco qualcosa di più importante della coalizione stessa. Nel primo caso, c’è molto fumo ma poco arrosto. Nel secondo caso, il governo rischia di cadere.

Nella prima repubblica, era comune vedere i governi cercare di confermare le coalizioni, anche se un partito potrebbe uscire temporaneamente per poi tornare dopo aver ottenuto qualche modifica al programma o alla squadra. Questo è successo anche nella seconda repubblica, ma con alcune varianti. In almeno due o tre occasioni, le maggioranze si sono rotte a causa di conflitti identitari profondi. Nel 1994, Bossi ha affondato il primo governo Berlusconi a causa delle differenze politiche tra la Lega e Forza Italia. Nel 1998, Bertinotti ha affondato il primo governo Prodi a causa di divergenze sui provvedimenti economici fondamentali.

Le coalizioni sono state poi ricucite, ma quelle rotture hanno lasciato il segno. Berlusconi ci ha messo del tempo per riallacciare il rapporto con la Lega, mentre Prodi ha faticato a trovare un posto per la sinistra radicale nella sua coalizione successiva. Questi episodi rendono difficile fare previsioni sul futuro di Salvini e Meloni.

È probabile che Salvini valuterà attentamente la situazione prima di decidere se mantenere la maggioranza o seguire la sua deriva identitaria. Potrebbe finire per appellarsi alla Meloni di un tempo contro la Meloni attuale. Anche la premier si trova di fronte a una scelta difficile. Tutto ciò rende impossibile fare previsioni sul futuro.

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